martedì 2 ottobre 2012

CHI GLIELO DICE A QUELLI DEL MULINO CHE IL LATTE FA MALE?

Quando si cerca di spiegare le ragioni per cui si dovrebbe smettere di dare ai neonati e ai bambini il latte vaccino ci si scontra contro una montagna fatta di conoscenze tramandate, basate sulla tradizione familiare e sulla convinzione che queste conoscenze siano verità assoluta. Due sono le ragioni per cui si pensa che il latte vaccino sia il giusto sostituto di quello materno.  La prima va cercata nella non consapevolezza dell’importanza del latte materno come unico alimento realmente adatto alla crescita e sviluppo dei neonati e bambini. La seconda, in quell’operazione di marketing portata avanti dall’industria casearia e dai pediatri che hanno un gran potere di convinzione sulle madri alle prime armi. A tutto questo si aggiunge che molte di loro, hanno rinunciato ad allattare per ragioni di tempo, affidandosi prima al latte in polvere e poi a quello fresco pastorizzato.  
Purtroppo le nostre abitudini alimentari, molto spesso erronee, ci fotoblog lattepolvereportano  verso un ‘ alimentazione non solo carente ma soprattutto non specifica per le nostre necessità.
Senza dubbio sradicare dalla nostra mente convinzioni e preconcetti secolari, non è semplice soprattutto quando siamo  ancora oggi bersaglio di pubblicità ingannevoli quanto basta per tramandare ai nostri figli la quotidianità di una colazione fatta con latte e biscotti.
Per poter capire le ragioni di chi afferma che il latte di mucca è nocivo per la nostra salute, bisogna avere la forza di dubitare delle proprie certezze. Iniziamo dicendo che di tutti i mammiferi, l’uomo è l’unico che si avvale del consumo di latte anche dopo lo svezzamento. Così come il vitello beve il latte vaccino per crescere e per diventare una mucca, l’uomo deve bere il latte materno per assumere quelle sostanze fondamentali per la sua specie e diventare così un uomo. E’ chiaro che ogni latte è specie-specifico. Ecco perché vi sono delle differenze significative nella composizione del latte delle distinte specie. Ecco qui uno schema della composizione del latte di diversi mammiferi.

LATTE PROTEINE  gr LATTOSIO
gr
GRASSI gr ACQUA gr CALCIO mg
Donna 0,9 7,2 3,5 88 33
Cavalla 2,2 5,9 1,5 90 90
Asina 1,5 6,2 1,5 90
Mucca 3,6 4,9 3,5 87 118
Capra 4 4,5 4,3 86 141
Pecora 6 4,5 7,5 81 180
Bufala 4,8 4,7 7,5 82
Scrofa 6 5,4 6 82 178
Gatta 9 5 5 80 240
Cane 10 3 10 75 325
Ratto 8 2,6 10,3 79
Coniglio 13,5 1,8 12 70 640
Focena 12 1,3 46 40
Balena 10 0,8 35 54
Come si evince dal grafico a seconda delle necessità di crescita e a seconda della frequenza dell’allattamento, il latte sarà più o meno nutriente. I cuccioli delle varie specie nascono a stadi di maturità fisiologica molto differenti, quindi è logico pensare che questo fattore determini una differenza nella composizione del latte specie-specifico. Un altro dato importante da tenere in conto, è lo sviluppo del cervello. I neonati sviluppano come primo organo il cervello mente il bovino sviluppa prima la struttura ossea. Per questo la quantità di lattosio contenuta nel latte materno è doppia rispetto a quella contenuta nel latte vaccino. Questa composizione nutrizionale garantisce nel bambino uno sviluppo cerebrale rapido, nettamente più veloce rispetto a quello del vitellino.  Per contro,  il vitello ha un accrescimento fisico molto superiore e molto più rapido di quello del bambino. Raddoppiano il loro peso dopo appena 47 giorni dalla nascita, mentre il neonato in 180 giorni. Una diversa necessità di accrescimento fisico spiega, dunque, perché il latte vaccino contiene più proteine rispetto a quelle del latte umano. Per 100 grammi di latte, quello umano ne contiene 0,9 contro i 3,6 di quello di mucca. Assumere latte vaccino per un essere umano significa assumere una quantità eccessiva di proteine, di molto superiore al suo fabbisogno. Quest’ eccesso determina un sovraccarico per il fegato e per i reni, che hanno il compito di eliminare i prodotti di scarto del metabolismo proteico. Ma passiamo al calcio. 
L’ industria casearia, ma anche molti medici (a colpi di spot pubblicitari e in virtù di aver studiato medicina) sono riusciti a convincerci non tanto della necessità del calcio per avere ossa forti, quanto della necessità di bere latte. Ci sono riusciti così bene, tanto che ancora oggi siamo convinti che il latte sia l’ unica fonte di calcio.
Un mito che sfatiamo molto volentieri.
Iniziamo dicendo che le popolazioni orientali, che non bevono latte né mangiano latticini o qualsiasi derivato del latte, non soffrono di osteoporosi.
Se i prodotti caseari prevenissero realmente l’osteoporosi, la sua incidenza sarebbe rara nei paesi consumatori di tali prodotti. Eppure a soffrire delle incidenze più elevate sono le nazioni che consumano le maggiori quantità di prodotti caseari.
Q
fotoblog osteoporosiuesto perché l’osteoporosi non è, come abbiamo detto in precedenza in questo blog, una mancanza di calcio quanto una perdita.
Perdiamo il calcio contenuto nelle nostre ossa per colpa di un alimentazione troppo acida.
Per contrastare l’acido il nostro corpo ricorre alle riserve alcaline.
Tutti i prodotti animali, tendono ad acidificare l’organismo.
Sorprendente?
No, si tratta solo di avere le informazioni giuste.
Potremmo partire dicendo che non è importante la quantità di calcio presente nel latte, quanto la capacità del suo assorbimento, o la sua biodisponibilità, che dipende da fattori come il fosforo e la vitamina D.
Il calcio presente nel latte vaccino è poco assimilabile, in quanto il fosforo in esso presente è troppo elevato e inibisce l’assorbimento del calcio stesso.
Le persone che pensano di avere una deficienza di calcio, in realtà seguono solo una dieta molto acida e quindi molto proteica.
fotoblog ph
Il nostro sangue è di natura alcalina. Per mantenere questa alcalinità abbiamo bisogno di una buona percentuale (un ’80% circa) di cibi alcalinizzanti e pochi cibi acidificanti.
Quelli acidificanti comprendono tutti i prodotti animali (carne, uova, pesce, latte e derivati, salumi), i cereali raffinati (pane e pasta bianchi), i legumi, , caffè, alcool, zucchero, tabacco, bibite, farmaci, conservanti, additivi.
Quelli alcalinizzanti comprendono i cereali integralifrutta verdure e le mandorle.
Il calcio che ingeriamo quindi, viene usato dal nostro corpo per neutralizzare gli acidi di
un ‘alimentazione sbagliata.
E se non si beve il latte, né si mangiano i suoi derivati, da dove prendere il calcio?
Sicuramente tra gli alimenti di origine vegetale, quelli con più calcio biodisponibile, sono le alghe. Solo un esempio l’ alga Wakame ne contiene ben 1380 mg.

Ecco qui fonti di calcio alternative al latte di mucca.


LATTE VACCINO 118 mg
SESAMO 783 mg
SPINACI 300 mg
SOIA 260 mg
MANDORLE 252 mg
PREZZEMOLO 245 mg
FICHI SECCHI 190 mg
TOFU 159 mg
RUCOLA 309 mg
CICORIE 188 mg
BROCCOLI 126 mg
FOGLIE DI RAPA 199 mg
Adesso, avendo a disposizione qualche informazione in più, possiamo anche domandarci cosa succede al nostro organismo, quando ingeriamo calcio in eccesso che non riusciamo ad assorbire.
La risposta è che purtroppo i nostri tessuti invecchiano più velocemente, in quanto, tra le altre cose, quel calcio si può depositare sulla pareti arteriali causando ipertensione, oppure nei legamenti e quindi parliamo di artrite.
E’ lecito pertanto ipotizzare, che il latte vaccino possa favorire l’insorgenza di squilibri metabolici e che questi a lungo andare possano condurre a stati di malattia?

venerdì 28 settembre 2012

DOLCIFICANTI ARTIFICIALI ED ALTERNATIVE


Ecco cosa si nasconde dietro o per meglio dire dentro una zolletta di zucchero.
Il vero problema sta nel nell’utilizzo del tutto ingiustificato che viene fatto dello zucchero e non parliamo solo di quello che decidiamo di utilizzare volutamente.
E’  molto più preoccupante il consumo del  cosiddetto zucchero di lavorazione, quello che viene aggiunto negli alimenti anche quando non sono dolci.
Potrebbe stupirci sapere che i wurstel, il ketchup, le passate di pomodoro, l’aceto balsamico, i sughi pronti, i cereali per la colazione, certi tipi di salumi e il pane industriale contengono zucchero.
Ma quali sono dunque le alternative  allo zucchero bianco?
Di certo  ricorrere ai dolcificanti artificiali come saccarina e aspartame, non è una buona idea.
Il fatto che non apportino calorie non significa che siano innocui per il nostro organismo. Vari studi, infatti, hanno dimostrato come l’uso reiterato di questi dolcificanti può essere cancerogeno se assunti in grandi quantità.
Sebbene siano state stabilite delle dosi entro le quali l’assunzione dei dolcificanti artificiali non comporterebbe nessun pericolo, dobbiamo tener presente che biochimicamente siamo tutti diversi e che quindi non reagiamo a queste assunzioni nella stessa maniera.

Sarebbe meglio optare per lo zucchero di canna integrale, in quanto conserva tutte le sue proprietà, attenzione però a  non confonderlo con quello grezzo di canna che comunque è in parte raffinato ma non del tutto sbiancato.
Il vero zucchero di canna ha un leggero retrogusto di liquirizia, è granuloso, marrone ed è umido.
Un discorso simile va fatto per il fruttosio, noto come lo zucchero della frutta.
Una cosa è ingerirlo attraverso un frutto che lo contenga, ben altro è comprare quello attualmente in commercio, che si ottiene convertendo il glucosio presente nell'amido di mais, mediante un processo di isomerizzazione.

Il fruttosio ha un più basso indice glicemico  rispetto al saccarosio e quindi determina un moderato incremento della glicemia. Tuttavia se assunto per lunghi periodi determina obesità, stress ossidativo, danni vascolari, ed ipertensione.
Quindi dovendo scegliere dovremmo optare sempre per i dolcificanti naturali, come per esempio il miele, lo sciroppo d’acero, il malto d’orzo,il succo d’agave o il succo d’uva.
Oppure si potrebbe optare per la stevia, una sostanza dolcificante proveniente dal Sud America, estratta dalle foglie dell’omonima pianta. Foglie, che quando sono disidratate, hanno un potere dolcificante  da 150 a 250 volte rispetto al comune zucchero. Contrariamente allo zucchero i principi attivi della stevia non hanno alcun potere nutrizionale (zero calorie), ed essendo prodotti naturali sono relativamente stabili nel tempo ed alle alte temperature, per cui conservano perfettamente le loro caratteristiche anche in prodotti da forno o in bevande calde.
Eppure ricordatevi che è solo una questione di abitudine.
Come quella di mettere il sale nell’insalata, o di usare il dado per la preparazione del brodo, sono piccoli gesti che in maniera silenziosa ma quotidianamente peggiorano il nostro stato di salute.
Quando capiamo realmente l’importanza di non zuccherare ciò che beviamo o mangiamo, significa che stiamo prendendo coscienza e conoscenza di un problema che per la prima volta ha fatto si ( insieme ad altri fattori ed abitudini alimentari errate) che la speranza di vita dei bambini che crescono nella nostra società si sia ridotta.
Per ultimo, solo ricordare come si è arrivati a considerare l’utilizzo dello zucchero come un qualcosa di naturale.
In Italia, dagli anni '80, l'industria produttrice di zucchero, per contrastare la concorrenza dei dolcificanti sintetici, mise in atto una campagna pubblicitaria in cui l'uso dello zucchero veniva direttamente collegato allo sviluppo delle facoltà celebrali. Ovviamente non vi è nulla di scientifico dietro questa trovata pubblicitaria.
Ogni essere umano, infatti, è in grado di ottenere il glucosio di cui ha bisogno dalle molteplici sostanze alimentari che non necessariamente sono dolci.

PATOLOGIE DA ZUCCHERO


E’ un gesto abitudinario quello di addolcire ciò che beviamo o mangiamo.
Realmente non siamo consapevoli del fatto che questo semplice gesto può  essere la causa di diversi disturbi e patologie. Un uso eccessivo e prolungato di saccarosio può impoverire la riserva di minerali del nostro organismo, causando osteoporosi e diabete di tipo 2, provocare uno squilibrio glicemico, incrementare il livello dei trigliceridi nel sangue ed essere quindi la causa  non solo di un aumento di peso (visto che si tratta comunque di un carboidrato e che quindi i suoi eccessi si trasformano in grasso), ma anche delle conseguenti patologie coronarie.
Esaminiamo i vari casi.
Per assimilare correttamente lo zucchero raffinato, abbiamo bisogno di vitamine del gruppo B e di minerali come il calcio.
Quindi quanto più zucchero consumiamo tanto più avremo carenze di queste vitamine e minerali,  con tutte le conseguenze che questo può causare.
Una carenza di vitamina B può provocare fatica cronica, mentre la continua perdita di calcio causa  osteoporosi, che non è come tutti pensano  una mancanza di calcio, ma per l’appunto una perdita causata da un’alimentazione troppo acidificante a base di prodotti animali.
Anche lo zucchero, così come tutti i derivati animali, è un alimento acidificante, quindi l’organismo per neutralizzare l’acido deve ricorrere alle scorte alcaline come il calcio. Il problema è costituito dal fatto che il calcio viene appunto sottratto dalle ossa che  guarda caso costituiscono la grande riserva di questo minerale.
Passiamo al diabete di tipo 2.
Il glucosio viene introdotto nelle cellule del nostro corpo grazie all’insulina prodotta dal pancreas. Se i pasti giornalieri sono 5, potremmo dire che per altrettante volte il pancreas lavora producendo insulina.
Mantenere costante la glicemia, cioè la quantità di glucosio nel sangue, è importante in quanto costituisce la fonte primaria dell’energia cellulare. Inoltre, serve per assicurare il normale apporto energetico al cervello, che a differenza di altri organi e dei muscoli non è in grado di immagazzinare riserve di glucosio. Questo compito viene svolto da un sistema di controllo ormonale, che vede coinvolte l’insulina e il glucagone.
La prima entra in funzione quando la glicemia si alza troppo.
Il glucosio in eccesso, infatti, viene trasformato in glicogeno nel fegato, in trigliceridi nel sangue, oppure depositato nel tessuto adiposo.
Il secondo entra in gioco quando la glicemia si abbassa, per esempio, a causa di un digiuno prolungato. La sua funzione è quella di procurare il glucosio andando a prenderlo in primis dalle riserve di glicogeno presenti nel fegato, poi quelle presenti nel tessuto adiposo ed infine può anche trasformare le proteine in energia.
Questo meccanismo può alterarsi a causa della continua introduzione di bevande o alimenti zuccherati. Se oltre ai cibi da cui otteniamo il glucosio, beviamo e mangiamo alimenti con dosi eccessive di zucchero, il nostro pancreas lavora costantemente e il sistema di regolazione di insulina viene alterato facendo si che quei meccanismi che ordinano  i livelli di glicemia nel sangue smettano di funzionare.
Per quanto riguarda lo scompenso glicemico, diciamo che la composizione chimica dello zucchero è abbastanza semplice. Non richiede quindi di un lungo processo di digestione, per cui il nostro fegato non deve sintetizzarlo ed arriva rapidamente al  sistema nervoso ed alle cellule.
Lo zucchero viene assorbito ed agisce direttamente sul sistema nervoso e sul metabolismo. Si avverte come uno stimolo veloce, ma a questo impulso energetico segue una ricaduta, con conseguenti stati di irritabilità, euforia e un continuo bisogno di ingestione di ulteriori quantità di zucchero creando così una forma di dipendenza.
Sono i cosiddetti picchi glicemici. Se continuiamo assumendo zucchero, attraverso una bibita, una caramella, un caffè,  inizia una seconda crisi glicemica ancor prima che la precedente finisca.
Questi continui "stress" ormonali portano un esaurimento delle energie e a un conseguente indebolimento generale che a lungo andare danneggiano il nostro sistema immunitario.
Ed è qui che entra in gioco l’indice glicemico degli alimenti, ossia  la velocità con la quale aumenta la glicemia in seguito all’assunzione di 50 grammi di carboidrato.

Alimenti con indice glicemico basso rilasciano energia in modo piuttosto costante per un periodo prolungato, permettendo di evitare la sensazione di fame poche ore dopo il pasto. Gli alimenti con indice glicemico elevato rilasciano l'energia sotto forma di glucosio molto più velocemente e questo fa si che la sensazione di fame ritorni a farsi sentire ben presto.

Abbiamo visto precedentemente come il saccarosio che ingeriamo in eccesso può essere trasformato in trigliceridi. Elevati livelli di trigliceridi (superiore a 200 mg / dl) sono associati ad un aumento del rischio di arteriosclerosi e quindi coronaropatia e ictus.

IL MAL DI ZUCCHERO


L’ energia di cui ha bisogno il nostro organismo per poter svolgere al meglio le proprie funzioni proviene dallo zucchero, ma lo zucchero di cui abbiamo bisogno si chiama glucosio.
Purtroppo però si pensa che dire zucchero e dire glucosio sia esattamente  la stessa cosa.
Un malinteso, questo, che genera grandi benefici economici all’industria zuccheriera.
E’ una confusione dovuta al linguaggio, urge quindi un chiarimento.
Per essere più precisi il glucosio è uno zucchero ma non è lo zucchero bianco che tutti conosciamo.
Il glucosio è il nostro combustibile cellulare e svolge un ruolo fondamentale e preliminare in tutte le reazioni chimiche che hanno luogo nel nostro organismo.
Lo otteniamo dalla  frutta,  dalle verdure, così come dal riso e dai cereali (meglio se integrali) e dai legumi e dagli ortaggi.

Lo zucchero bianco, invece, è un non alimento che non apporta nulla al nostro corpo, se non calorie vuote, in quanto tutte le vitamine ed i minerali presenti nella canna da zucchero e nelle barbabietole (da cui si estrae) si perdono nelle fasi di lavorazione. Il suo nome specifico è saccarosio.
Chimicamente parlando, il glucosio e il saccarosio hanno strutture differenti, il che si traduce in capacità ed influenze sull’organismo profondamente diverse.
Il primo è un catalizzatore fornito dalla natura e come tale consente che, ogni giorno, abbiano luogo nel nostro corpo reazioni chimiche metaboliche. Ci fornisce energia, mantenendoci attivi fisicamente e psicologicamente.
Il secondo, invece, è stato sviluppato dall’industria ma non ha nessun effetto benefico per il nostro organismo.
Chiarito il malinteso andiamo avanti, cercando di spiegare perché lo zucchero bianco è cosi dannoso.


venerdì 25 maggio 2012

CARBOIDRATI RAFFINATI SE LI CONOSCI LI EVITI

Pasta, pane, biscotti e cornflakes.
Probabilmente questi sono alcuni dei carboidrati che non mancano mai sulla vostra tavola. Fortunatamente però il regno vegetale ci offre anche legumi, ortaggi e frutta.
I primi sono prodotti farinacei elaborati dall’uomo attraverso la lavorazione dei cereali, i secondi ce li offre madre natura. In entrambi i casi è importante capire la differenza in termini salutari tra cosa ci conviene mangiare e cosa invece dovremmo evitare.
Iniziamo dicendo che i cereali dovrebbero coprire per un buon 55% il nostro fabbisogno energetico giornaliero, il 30% spetta ai grassi e il restante 15% alle proteine.
Ma quali cereali dovremmo mangiare?
Innanzitutto attenti ai finti cereali da colazione, i famigerati cornflakes.
Attraverso pubblicità mirate e studiate a tavolino, sono riusciti a far credere che i cornflakes siano sinonimo di una colazione salutare, nutriente ed equilibrata e per di più dicono servano anche a mantenersi in forma. Ma le cose non stanno così.
Se leggessimo le etichette di ciò che compriamo, ci renderemmo conto che i semplici cornflakes vengono accompagnati nel migliore dei casi da zucchero (bianco), estratto di malto d’orzo (il cui potere dolcificante è leggermente minore del saccarosio), sale e una serie di vitamine sintetiche
Doppia dose di zucchero sotto forma di distinte versioni. 
Eppure se per mantenere la linea, ma più in generale per una questione di salute, la prima cosa da eliminare dalla nostra alimentazione è proprio lo zucchero, perché ce lo ritroviamo un po’ dovunque? 
Ma soprattutto, se la Commissione Codex Alimentarius ( istituita dalla FAO e dalla OMS, tra i cui scopi c’è la tutela dei consumatori) ha già stabilito, tanto per citare un esempio, che i succhi di frutta non potranno più avere zuccheri aggiunti, perché invece continuare ad aggregarli ai cereali? La risposta sembra alquanto ovvia. 
Senza l’aggiunta degli zuccheri, i cereali venduti nei supermercati non li comprerebbe più nessuno. Per non parlare poi della presenza del sale e delle vitamine sintetiche di cui va presa in considerazione non solo la scarsa biodisponibilità rispetto a quelle naturali, ma in alcuni casi anche la loro dannosità. Non basta, infatti, cercare di ricreare la stessa struttura molecolare di una vitamina naturale sperando che sia altrettanto funzionale. E’ la sinergia tra i diversi elementi che fa la differenza. 
Per quanto riguarda i biscotti, ( la marca è indifferente, ciò che conta è che li compriate al supermercato) leggendo le etichette, possiamo trovarci sciroppo di glucosio, (una soluzione acquosa concentrata ottenuta industrialmente dalla lavorazione dell’amido del mais, più economico e facile da trasportare in quanto liquido), panna, burro, grasso idrogenato e non, agenti lievitanti ed aromi chimici
                                                             Grasso Idrogenato 
Tutti ingredienti chiamiamoli secondari, che diventano però i principali responsabili dei chili di troppo e delle malattie metaboliche. Di quest’argomento ci occuperemo nello specifico quando parleremo di quanto siano dannosi per il nostro organismo lo zucchero, i grassi idrogenati e tutti gli additivi utilizzati.
Se poi questi cereali e questi biscotti li mangiamo inzuppandoli nel latte, rien ne va plus. Scardinare il mito del latte come alimento basico della nostra alimentazione richiede una serie di chiarimenti e riflessioni, che meritano anch’essi, di essere trattati in un unico ed esaustivo articolo.
E adesso vi domanderete come fare colazione?
Un’ ipotesi valida, potrebbe essere costituita dai cereali integrali, come fiocchi di orzo, di avena, farro, segale, spelta e frumento. Oppure vero pane integrale e marmellata, l’importante è che quest’ultima non sia industriale. 
Il latte vaccino lo possiamo sostituire con latte di riso o di mandorla, per esempio.
Ma ritorniamo ai cereali integrali.
Per capire la loro importanza, bisogna comprendere quanto le fibre alimentari siano beneficiose per il nostro organismo. Da un lato favoriscono il senso di sazietà, in quanto assorbendo l’acqua fanno aumentare il volume del contenuto intestinale, dall’altro facilitano la peristalsi intestinale. Combattono quindi la stitichezza e migliorano la flora batterica in quanto la loro assunzione giornaliera fa si che le sostanze nocive presenti nel canale digerente vengano inglobate e quindi successivamente eliminate. 
Ma i vantaggi non finiscono qui.
Il loro utilizzo viene associato alla diminuzione del rischio di malattie cardiovascolari. Le fibre, infatti, interferiscono nell’assorbimento dei glucidi e dei lipidi riducendo i livelli di colesterolo nel sangue.
Diminuisce il rischio di diabete poiché favoriscono la riduzione del glucosio nel sangue e allo stesso tempo evitano i cosiddetti sbalzi glicemici in quanto ne regolano e ne rallentano l’assorbimento.
Si riduce il rischio di cancro colorettale, in quanto danno luogo a un transito intestinale accelerato, diminuendo il tempo di contatto della mucosa con eventuali carcinogeni.
L’importante è capire che i benefici dei cereali integrali sono associati al consumo di tutte le loro sostanze nutritive. Tali nutrienti se consumati insieme, hanno un effetto sinergico sulla nostra salute. Non vale quindi, come fanno molti, raffinare un prodotto per questioni economiche e poi aggiungervi la crusca solo perché la normativa vigente consente di farlo. 
Quindi possiamo individuare l’origine del problema nella raffinazione delle farine.
Quella che generalmente si utilizza per la produzione di pasta, pane, pizza, biscotti e tutti i loro sotto prodotti è farina raffinata. E’ la farina 00, il cui utilizzo risponde alla logica del profitto, in quanto, mentre dopo alcuni mesi la farina integrale va a male, quella raffinata si conserva decisamente più a lungo. Inoltre grazie al loro impiego, i prodotti da forno che la contengono hanno una consistenza decisamente più soffice.
Quindi se tanto mi da tanto, perché utilizzare quella integrale?
Andiamo dritti al grano.
]Il chicco di grano è costituito dalla crusca, che costituisce la parte più esterna e ricca di fibre, dal germe interno, ricco di micronutrienti, e dall'endosperma, ricco di amido. 
La crusca e l’embrione essendo facilmente deperibili, rendevano la farina ed i prodotti derivati altrettanto deteriorabili, ragion per cui l’industria alimentare optò per la raffinazione della farina in questione. Purtroppo, così facendo sono venute meno fibre, vitamine e una serie di minerali fondamentali per il corretto funzionamento del nostro organismo. 
Di qui l'importanza di consumare alimenti il meno raffinati possibile. La farina 00, come tutti i prodotti raffinati, provoca come abbiamo visto, un aumento della glicemia e il conseguente incremento dell'insulina, fenomeno che nel tempo porta ad un accumulo dei grassi.
E’ ormai chiaro che non tutti carboidrati sono uguali e potendo scegliere dovremmo dunque optare per i cereali integrali. Bisogna solo riabituare il palato ormai assuefatto e capire che per l’industria alimentare siamo solo acquirenti, marionette che si aggirano tra gli scaffali dei supermercati.
[Image]Passiamo al pane. La prima cosa da fare è evitare di comprarlo negli ipermercati e supermercati perché non ha nulla a che fare con quel prodotto semplice, sano e naturale, a base di farina integrale, acqua e lievito di una volta. In ogni caso leggete sempre le etichette di ciò che comprate.
Forse non tutti sanno che un quarto del pane confezionato venduto nei nostri supermercati proviene dai Paesi dell'est, in particolare dalla Romania.
E’ precotto, surgelato, riscaldato e costa meno della metà di quello italiano.In Italia, però non essendoci l'obbligo di fornire sull'etichetta del pane la provenienza del prodotto, il consumatore non sa che quello che compra non è un prodotto italiano. 
La bontà del pane di una volta è data dalla qualità del prodotto base, dalla farina e dalla sua macinazione, dall’acqua e dalla lievitazione naturale e infine dalla cottura.
Purtroppo al giorno d'oggi esistono in commercio semi lavorati e additivi chimici che permettono, con la sola aggiunta di acqua, di ottenere qualsiasi tipo di prodotto da forno. 
Sono prodotti a base di stabilizzanti ed emulsionanti, con la caratteristica di durare a lungo rispetto ad un prodotto naturale, grazie ai conservanti di cui sono composti. 
In definitiva dovremmo evitare quanto più possibile di comprare nei supermercati e capire che essere consapevoli di ciò che mangiamo ha realmente un ‘importanza decisiva per la nostra salute.

venerdì 30 marzo 2012

La nutrizione dell’uomo


La nutrizione dell’uomo dipende, dunque, dalla sua alimentazione e sebbene ognuno si alimenti a seconda dei propri gusti ed in base ad abitudini che gli vengono inculcate sin da piccolo, c'è solo una forma di nutrire il proprio corpo.


Possiamo parlare si ricette, di piatti tipici, di primi piatti, di carne, di dolci e contorni, ma non va dimenticato che non sono gli alimenti in quanto tali ad essere importanti, quanto i nutrienti in essi contenuti che verranno utilizzati dal nostro organismo con la finalità di fornire l’energia necessaria per il mantenimento delle funzioni vitali e per le attività corporee quotidiane, per la crescita e la riparazione dei tessuti e per regolare le reazioni metaboliche.Quando ingeriamo gli alimenti, non parliamo più di alimentazione ma di nutrizione.
Possiamo classificarli in macronutrienti e micronutrienti in funzione delle quantità di cui ha bisogno il nostro organismo per poter funzionare correttamente e quindi grandi quantità per i primi e piccole per i secondi, ma anche in essenziali e non essenziali, a seconda se l’organismo sia capace di sintetizzarli o debba assumerli dall’esterno.
I macronutrienti si distinguono in glucidi o carboidrati, proteine e grassi. I micronutrienti, invece, si distinguono in minerali e vitamine.
L’ acqua, merita un discorso a parte, visto e considerato che è presente nel nostro corpo in un buon 70% e le cui funzioni sono tanto importanti quanto poco note.
Quando all'organismo manca uno di questi nutrienti possiamo trovarci in presenza di carenze che possono essere temporanee o perdurare nel tempo, arrivando in alcuni casi ad essere più o meno gravi. Le carenze possono anche provocare disturbi specifici e prevedibili, visto che ogni nutriente possiede uno o più ruoli nel nostro organismo.
La carenza di vitamina C, per esempio, provoca lo scorbuto, o quella di vitamina B6 può alterare il nostro sistema nervoso, renderci irritabili e portare in alcuni casi alla depressione.
Purtroppo in occidente ci si ammala non solo in seguito a malattie dovute a deficit nutrizionali, ma anche e molto spesso dovute agli eccessi, perché in realtà mangiamo molto di più del nostro reale fabbisogno quotidiano.
La medaglia ha sempre un suo rovescio.
In un mondo in cui ogni otto secondi un bambino muore di fame, noi dobbiamo solo aprire il frigorifero per mangiare.
Il prezzo che paghiamo per aver avuto questa fortuna (?) è che i cibi sono diventati molto più calorici e molto meno nutritivi.
Credo sia realmente importante capire quanto siamo responsabili del nostro stato di salute e che le lunghe scadenze, i cibi preconfezionati o i preparati istantanei non ci sono d’aiuto.
Abbiamo regalato il nostro tempo ai padroni dell’industria alimentare e quel poco che ci rimane lo utilizziamo per fare la spesa in un supermercato, o peggio ancora in un ipermercato dove i cibi sono privi di vita. Non c’è energia vitale in un prodotto che compriamo oggi e che scadrà fra tre mesi. E’ evidente che quando un alimento viene raffinato perde le sue proprietà.
E sono proprio gli alimenti raffinati, come i cereali, l’olio e lo zucchero, a costituire la base della dieta tipo della maggior parte delle persone. Un dato di fatto, questo, da non sottovalutare in quanto questi alimenti privano l'organismo di sostanze fondamentali in modo reiterato.
Per capire meglio come siamo passati da un’ alimentazione sana ad una responsabile del nostro stato di non-salute, basta dare uno sguardo al passato.
La nostra specie ebbe origine nella savana africana quasi duecento mila anni fa.
I nostri antepassati erano nomadi, raccoglitori e cacciatori. Ciò significa che tutti i giorni camminavano per procurarsi da mangiare. Si alimentavano essenzialmente di verdure, germogli, bacche, frutta, semi e carne. Ovviamente erano tutti alimenti ricchi di nutrienti in virtù della fertilità dei terreni e la carne era magra perché gli animali erano selvaggi.
Nel passaggio dalla preistoria alla storia l'alimentazione dell'uomo subì un cambio . Fu cosi che i nomadi, raccoglitori e cacciatori vennero sostituiti dagli agricoltori e allevatori sedentari. La carne incominciò ad essere più grassa, in quanto gli animali domestici erano evidentemente più sedentari rispetto a quelli selvaggi, le verdure e i germogli lasciarono il posto al grano e si incominciarono a consumare i derivati del latte di capre e vacche.
Con l'arrivo della rivoluzione industriale e la nascita dell'industria alimentare moderna abbiamo letteralmente acquisito una dipendenza per gli alimenti elaborati e raffinati. Il passaggio dai mercati ai supermercati, d'altronde, non è altro che il triste testimone di questo cambio, in cui abbiamo deciso di sacrificare la genuinità in favore della lunga scadenza. Cambi che aumentano man mano che ci avviciniamo alla dieta attuale. E’ sotto gli occhi di tutti che il consumo di cereali raffinati, di carne, di latte e latticini, è aumentato a discapito dei semi, verdure e ortaggi freschi.
Dunque possiamo dire che gli uomini hanno vissuto per 100.000 generazioni come cacciatori-raccoglitori. Dall’inizio della rivoluzione industriale sono trascorse solo 10 generazioni. E solo 2, le ultime, sono cresciute con i fast food. Eppure geneticamente le cose non sono cambiate, siamo gli stessi da quasi duecentomila anni. I nostri geni non sono cambiati.
Le nostre abitudini alimentari, si. Possiamo dire che i cambi nella nostra dieta sono avvenuti troppo in fretta ed i nostri geni non si sono ancora adattati.
La nostra evoluzione è avvenuta in un periodo di scarsezza di alimenti ed è stata caratterizzata dal conseguente sforzo per ottenerli. Per contro, nel mondo attuale il cibo abbonda e il consumo energetico per procurarseli è decisamente irrisorio. Penso sia sotto gli occhi di tutti che l’esserci allontanati troppo da quella che era l’alimentazione a cui eravamo geneticamente predisposti ha influito notevolmente sulla nostra salute, dando origine alle cosiddette malattie degenerative.
Oggi non si muore più di morte naturale, siamo così abituati a vivere con allergie, emicranie, diabete, ipertensione e osteoporosi che siamo convinti che sia normale arrivare ad una certa età e perdere la salute. Ritengo, invece, che si tratti di sintomi evidenti che ci avvisano che qualcosa nel nostro corpo no va, e noi invece di cercare di capire perché si diventa diabetici, per esempio, pensiamo bene di affidare la nostra salute ad un farmaco, senza sapere che la iatrogenia è una delle principali cause di morte.



mercoledì 7 marzo 2012

Alimentarsi per nutrirsi

La passione per l’ alimentazione è nata circa 6 anni fa, quando a causa di problemi di salute, mi sono interessata per un qualcosa di così ovvio com’è il cibo ma al tempo stesso così poco diffusa come può essere la conoscenza di ciò che ingeriamo.
Alla curiosità iniziale sono seguiti studi e tanta lettura.
Da questa passione è nata l'idea del blog, la cui unica pretesa, nel caso ce ne fosse una, è quella di regalare la consapevolezza dell’importanza di ciò che mangiamo,
quella di far sì che il binomio alimentazione-salute abbia il peso e l’importanza che dovrebbe, in una società in cui si è persa di vista la dimensione olistica dell’uomo e della sua integrazione con la natura a favore della non cultura del cosiddetto fast food.


Mangiare è uno degli atti più importanti e vitali che realizziamo quotidianamente. Nonostante ciò la maggior parte delle volte, perde quest'importanza intrinseca per trasformarsi in un semplice atto abitudinario, precipitato e incosciente.
E allora c'è chi mangia tanto per mangiare magari guardando la televisione, c'è chi mangia di fretta o in piedi e chi lo fa pensando che una cosa vale l’altra. Il comune denominatore in tutti questi casi è che difficilmente si presta attenzione a ciò che si sta mangiando.
Il come e quando ci alimentiamo viene determinato da alcuni aspetti fondamentali, tra cui citerei senza dubbio la disponibilità degli alimenti nel mercato, il potere d'acquisto e la cultura alimentare.
Tralasciamo i primi due in quanto ovvi, mi soffermerei piuttosto sul terzo aspetto.
Quando parliamo di cultura alimentare facciamo riferimento in particolar modo al fattore psicologico e al concetto di tradizione, per questo mangiamo ciò che più ci piace e preferiamo quegli alimenti a cui siamo abituati per consuetudini familiari. Se sin da piccoli i nostri genitori ci hanno abituato a mangiare merendine già confezionate e a bere bibite zuccherate, con ogni probabilità daremo per scontato che queste abitudini siano sane, nel senso lato del termine.
Le considereremo, dunque, abitudini assodate in quanto mamma e papà ce le hanno insegnate e non metteremo in discussione la loro genuinità. E' l'abitudine ad essere considerata sana, non la merendina in sé. E’ un escamotage, quello del tramandare ( in questo caso parliamo dei saperi culinari e delle conoscenze alimentari), che si utilizza per non dubitare di quello che ci viene detto e insegnato. Un piccolo esempio a me caro: se sin da piccolo ti fanno bere il latte di mucca perché ti dicono che contiene calcio e fa bene alle ossa, tu lo bevi e con ogni probabilità insegnerai a tuo figlio che bisogna bere il latte vaccino perché fa bene. E’ proprio questo l'ostacolo più difficile da sormontare quando si parla di alimentazione sana ed equilibrata, è il riuscire a cambiare le abitudini alimentari che ci portiamo dietro. Smontare certe verità è tanto più difficile quanto più ignoranti siamo al rispetto di qualcosa. Abituarsi a mangiare determinati cibi, a fare qualcosa, a credere in qualcosa implica apatia nel mettere in discussione ciò che si crede ovvio.
Se a queste abitudini aggiungiamo i falsi miti creati dalle manipolazioni pubblicitarie che hanno contribuito a creare nella nostra mente svariati concetti erronei, allora il gioco è fatto.
Quest’argomento sarà al centro di questa incursione nel mondo dell’alimentazione.
Ritornando alla nutrizione non possiamo dimenticare la dimensione psichica e sociale del cibo : mangiare è un vero e proprio piacere, che va ben oltre il semplice atto di ingerire alimenti. E' un qualcosa di rituale e simbolico. Per questo ci sono cibi che erroneamente premiano, cibi da mangiare nei giorni di festa o tutti i giorni, cibi popolari oppure quelli che solo le tasche dei più abbienti possono permettersi. Spesso il semplice quanto impercettibile odore di un cibo ci può portare indietro negli anni e il solo pensiero di quello che mangeremo può farci venire l’acquolina in bocca.
Ci riuniamo per mangiare, ma possiamo anche rifocillarci, consumare uno snack, spiluccare qualcosina, gustare un dolce, assaporare, rimpinzarci, far fuori, deglutire, saziarci, sfamarci, abbuffarci. Mille modi di compiere un solo atto.
Ma al di là di tutto ciò, quello che ci rimane dopo aver mangiato è ciò che realmente ci dovrebbe interessare visto che la nostra salute psico fisica dipende anche da come ci cibiamo. O per essere più precisi dipende dai nutrienti che possiedono i cibi che ingeriamo.